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Apologia del letame

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Sono parecchie le cose che non potrò dimenticare della Mongolia, ma la prima in assoluto rimarrà il letame.

Può suonare strano ed offensivo, lo so, ma in realtà è tutto il contrario, ora mi spiego.  La Mongolia è grande tipo 5 volte l’Italia, la sua popolazione supera di poco quella di Roma e la metà degli abitanti si concentra nella capitale, Ulaanbaatar: tutti gli altri sono distribuiti in cittadine, villaggi o ger sparpagliate qua e là, a seconda della stagione, del territorio e delle circostanze. Le ger sono le tende circolari utilizzate come case dagli allevatori nomadi: tralicci di legno estensibili come pareti perimetrali, su cui si appoggiano i travetti della copertura sorretti al centro da un anello di legno sostenuto da due pali conficcati nel terreno. Tra i due pali la stufa, sulla terra battuta generalmente pelli o tappeti come pavimento, e come rivestimento esterno lana e tela assicurate alla struttura con lacci e funi. Sicuramente il tutto è più elaborato di così, ma comunque abbastanza semplice per essere completamente smontato, spostato e rimontato tale e quale due volte all’anno o più. L’impatto ambientale è di conseguenza quasi pari a zero, l’unica cosa che resta è il piccolo solco scavato lungo il perimetro esterno.

Per il trasporto nei trasferimenti oggi vengono utilizzati sempre più spesso mezzi a motore, ma è ancora molto diffuso il tradizionale ricorso agli animali, unica e preziosa risorsa dei nomadi. Cavalli, mucche, yak, cammelli, pecore e capre, è da loro che si ricava tutto il necessario: pelli, lana, latte e carne; quindi dal latte burro, formaggio di diverse stagionature (occhio che il più invecchiato è come la pietra) e persino liquore, dopo averlo fermentato e distillato artigianalmente. Ancora un’altra cosa vitale aiutano a procurare gli animali: il calore. Certo, perchè in mezzo al niente della desolata steppa mongola acqua, luce e gas non arrivano; si usano i pozzi, le latrine esterne come bagni, piccoli pannelli solari e accumulatori, e per scaldarsi e cucinare le stufe.

Stufe alimentate a… letame: e certo, provaci tu ad andare a far legna nella steppa o nel deserto (anche se in effetti nel Gobi qualche arbusto si trova)… invece puoi partire sacco in spalla e tornare solo quando l’avrai riempito per bene di escrementi raccolti da terra. Per questa ragione intorno alle case o alle tende si trovano sempre abbondanti cumuli di letame lasciati a seccare, spesso recintati, perchè è materiale prezioso!

Le prime due cose procurateci sempre dalle famiglie che ci hanno ospitato erano il classico tè con latte ed un bel secchio di “carburante” per la stufa. E se nel cuore della notte ti svegliavi infreddolito a fuoco quasi spento, l’unico tuo desiderio era che ci fosse ancora abbastanza cacca di yak da buttare dentro, altrimenti non avresti esitato a vestirti e correre fuori a razzo per riempire quel secchio ammaccato di sterco secco a mani nude con tutta naturalezza. Insomma al di fuori delle città la cacca era un pensiero quasi costante, anche perchè le stufe sono quasi continuamente accese.

Ed il cerchio si chiude: i nomadi allevano gli animali che brucano la steppa, gli animali forniscono il letame, il letame scalda e permette di lavorare i prodotti forniti dagli animali stessi, quanto equilibrio.

1 Comment

  1. Con questo racconto entri davvero a far parte di questo viaggio, assapori cosi’ tante emozioni in poche righe da farti pensare che davvero tu sia lì , che davvero raccolgo con voi queste cacche dalla steppa, e l’immaginazione e’ cosi forte da riuscire a considerare l’oggetto sacro usato per la stufa come un bene cosi’ prezioso da diventare poesia! E sento il vento soffiare la sua voce !

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