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Meditazione Vipassana e i miei deliri mentali

Le regole vengono scritte per essere seguite… da qualcuno… e infrante da qualcun’altro.

Cacchio siamo in India! Ogni giorno di cammino ce ne rendiamo sempre più conto. Ci immergiamo sempre di più nella vita di questo immenso e coinvolgente paese. Condividiamo i pasti, beviamo il chai, veniamo ospitati nelle loro case, guardiamo insieme gli stessi tramonti, fumiamo i loro bidi, facciamo le stesse code, cuciniamo il loro pesce, chiacchieriamo e ridiamo assieme, patiamo il caldo (più di loro), prendiamo gli stessi mezzi e viaggiamo fianco a fianco… ma sentiamo che qualcosa ci manca… ci rendiamo conto di tutta quest’energia che ci circonda, ma sentirla ruotare attorno a noi non ci basta più, vogliamo immergerci, vogliamo essere pervasi da tutta questa energia. Così decidiamo di buttarci in un intensivo corso di meditazione: la meditazione Vipassana (ci sono molti centri in tutto il mondo ma occhio perchè bisogna prenotarsi con qualche mese d’anticipo per riuscire ad essere ammessi). Il corso durerà 10 giorni e per poter partecipare dovremo seguire delle regole molto dure (specialmente per noi occidentali).

 

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Questi divieti e raccomandazioni varranno per tutto il periodo di meditazione: non parlare, non scrivere, non leggere, nessun contatto visivo, niente musica, vietato qualsiasi oggetto elettronico (vengono consegnati e messi sotto chiave al momento della compilazione dei moduli), non uccidere, non rubare, non mentire, vestiti sobri e decorosi sia nel colore che nella forma, niente sesso, niente gesti, vietata qualsiasi tipo di droga (sigarette, alcool, ganja ecc.. anche farmaci se non necessari per la sopravvivenza), separazione tra maschi e femmine, niente cibo portato dall’esterno del centro, pasti rigorosamente vegetariani (anche le uova sono bandite, giustamente), vietati tutti gli oggetti di culto e di preghiera, vietato praticare qualsiasi attività religiosa e qualsiasi esercizio fisico (esclusa la camminata) ed è vietata qualsiasi tecnica meditativa (solo la tecnica vipassana è ammessa).

Queste sono le “semplici” regole che devi seguire per frequentare il corso, i maestri hanno la facoltà di allontanare chi non rispetta rigorosamente queste indicazioni.

Si lo so, voi vi chederete: ma siete rincoglioniti? Ma chi ve lo fa’ fare? Non potevate stare dieci giorni con le chiappe a mollo nelle isole Andamane? Sì, avremmo potuto ma ci saremmo persi una delle prove più dure della nostra vita, ci saremmo persi una delle esperienze più pazzesche della nostra vita, ci saremmo persi l’occasione di avvicinare la nostra mente a filosofie a noi sconosciute, ci saremmo persi molto, troppo probabilmente.

Siamo pronti a metterci alla prova. Una prova che non avremmo mai pensato di dover affrontare, specialmente per scelta.

 

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Arriviamo al centro “Dhamma-Ganga” a nord di Kolkata alle 15 del giorno prima dell’inizio del corso. Siamo emozionati, incuriositi, affaticati (dopo 2 giorni di viaggio in treno, abbiamo attraversato la  parte interna del sud e tutta la costa ovest in una botta sola, Madurai-Chennai, Chennai-Kolkata), febbricitanti ma anche un po’ spaventati per cosa ci attenderà.

Ci sono due code diverse per registarsi: una per i maschietti e una per le femminucce. Compiliamo un modulo con i nostri dati personali e rispondiamo ad una decina di domande tra cui: pregressi problemi mentali, rapporti con la propria famiglia, motivazioni che ti hanno spinto a partecipare a questo corso, aspettative ….. e proprio mentre sono li, seduta, nella stessa stanza con Anto ma nell’angolo opposto ho la mia prima illuminazione… anche io faccio parte di quel gruppo di donne che si innamora di un uomo che assomiglia al proprio papà. E me ne sono accorta in un attimo… è bastato un occhiolino d’incoraggiamento… così mi ha ricordato tutte quelle volte che dovevo affrontare una nuova sfida, fare un passo in più verso l’indipendenza e che mio padre era lì a sostenermi e a darmi carica con il suo magico occhiolino, per farmi coraggio e farmi capire che ce l’avrei fatta.

Ci smistano nelle stanze, sono camere doppie pulite ed essenziali: un letto in muratura con un sottile materasso di paglia, un mobiletto in muratura, un ventilatore a soffitto e il bagno. Di solito avrei detto per fortuna, ma in questo caso purtroppo, la mia compagna di stanza è stra simpatica, la cosa renderà ancora più duro l’isolamento. Ci assegnano il posto a sedere (rigorosamente per terra su un cuscino) nella hall dove praticheremo la meditazione di gruppo, ci mostrano il refettorio dove ci ricordano le regole principali, aggiungendone una: vietato stendere le gambe in direzione del maestro per rispetto (mah?).

 

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Il giardino che circonda i dormitori è molto bello, ricco di alberi di mango, di cocco, di papaja e di jack-fruit, costellato di farfalle di giorno e di lucciole di sera, abitato da serpenti e manguste ed infestato da zanzare, formiche e piccoli granchietti essendo proprio sulle sponde del Ganga. E osservando questo giardino mi sono posta una domanda: ma come faceva Shiddarta a meditare sotto gli alberi di mango se ogni 2 minuti un frutto casca in terra alla velocità della luce? Sarà stato perennemente contuso?… Vero è che la meditazione ti fa’ estraniare da tutto e che non senti dolore, ma almeno all’inizio un po’ di distrazione l’avrà causata?

 

La mattina seguente all’arrivo cominciamo il corso. Io e la mia compagna ci facciamo subito riconoscere. La sveglia sarebbe dovuta essere alle 4 per poter praticare 2 ore di meditazione prima della colazione, naturalmente non abbiamo sentito nè il Gong nè la Campanella e siamo rimaste addormentate fino alle 6.20, che vergogna. A parte le nostre “involontarie” trasgressioni la giornatata tipo era organizzata così:

 

– sveglia ore 4.00 a.m.

– 4.30 am-6.30 am meditazione di gruppo nella hall

– 6.30 am-8.00 am colazione e toiletta (io ci faccio stare una mezz’oretta di camminata)

– 8.00 am-11.00 am meditazione di gruppo nella hall, raramente in camera o in cella

– 11.00 am-1.00 pm pranzo con siesta (ci faccio stare un oretta di camminata intorno all’aiuola)

– 1.00 pm-5.00 pm meditazione di gruppo nella hall, raramente in camera o in cella

– 5.00 pm-6.00 pm pausa tè

– 6.00 pm-7.00 pm meditazione di gruppo nella hall

– 7.00 pm-8.30 pm video sulla tecnica di meditazione e sulla conclusione della giornata

– 8.30 pm-9.00 pm meditazione di gruppo nella hall

– 9.00 pm-9.30 pm tempo per le domande che si vogliono rivolgere all’insegnante

– 9.30 pm tutti a nanna.

 

La sensazione, per me, era quella di essere al liceo/college. Eravamo in 70 in un “aula”, aspettavamo con ardente attesa il suono della campanella, volevamo parlare  ma non lo potevamo fare, venivamo chiamati per nome al cospetto degli insegnanti per sapere se avevamo capito, se avevamo dubbi e per meditare faccia faccia con lui/lei per 3/4 minuti e venivamo richiamati e convocati dal maestro se infrangevamo le regole. Vedi la sottoscritta che è stata sgridata per: aver cercato di comunicare con Anto, aver allungato le gambe verso la televisione (sullo schermo c’era il maestro che parlava), aver portato un fazzoletto di carta nella hall e aver chiesto scusa dopo aver versato un po’ d’acqua addosso ad una signora. La cosa più assurda è che ho trovato due collegamenti con le scuole che frequentavo: camminare intorno all’aiuola, mi ha ricordato le elementari dalle Suore Domenicane (se finivi in punizione saltavi l’intervallo e giravi per ore intorno al giardino roccioso) e una donna, responsabile dell’osservanza delle regole e punto di riferimento in caso di dubbi o perplessità era uguale alla Bonino, la mia insegnate di latino. Ma soprattutto, come a scuola, ci sono tante regole, troppe, che vengono inventate ogni giorno e che assolutamente fai fatica a comprendere.

 

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La vera essenza, per quello che posso aver compreso io, della meditazione vipassana è il rendersi conto di essere nell’attimo, non pensare nè al passato nè al futuro, bisogna essere presenti qui ed in questo momento, senza essere influenzati da ciò che ti circonda e dalle sensazioni soggettive che uno può provare. Per fare ciò insegnano delle tecniche e dei metodi di lavoro, basati principalmente sulla respirazione che ti portano a svuotare la mente. Ecco, questo io riuscivo a farlo per 10 minuti l’ora, più o meno (che schiappa che sono), il resto è stato un rivivere la mia vita anno per anno, mese per me, ed è stato comunque bellissimo. Mai ho avuto così tanto tempo da dedicare ai miei pensieri, ai miei ricordi e ai miei progetti futuri. Lo so’ che non era questo lo scopo ma vi assicuro che è davvero difficile, per me impossibile, svuotare la mente per 11 ore. C’è stato un miglioramento ogni giorno ma mi ci vorrebbero anni per riuscire a meditare correttamente per così tanto tempo. Raccontato così sembra che pensando “alle mie cose” sia stato facile… no, vi assicuro che è stata tostissima, non c’è stato giorno che non avrei voluto scappare, che non avrei voluto cantare a squarciagola solo per interrompere quell’assordante silenzio e che non avrei voluto abbracciare la persona che mi stava accanto.

 

Ogni giorno ho “sofferto” provando sensazioni diverse e qui di seguito cercherò di raccontarvele:

– il 1° giorno: troppo emozionata e concentrata nel non trasgredire le regole per capirci qualcosa

– il 2° giorno: la giornata non finisce mai. 1 minuto sembra durare 1 ora e 1 ora pare un giorno

– il 3° giorno: inizio già a far fatica a tenere gli occhi chiusi e a mantenere una posizione composta

– il 4° giorno: la voglia di correre e di cantare mi scava il cervello

– il 5° giorno: inizio a meditare su bottiglie di vino e formaggio e mi pongo delle domande, tipo: ma che carne metterà nel ragù la mia nonna?

– il 6° giorno: giorno di follia, nelle ore libere filosofeggio da sola bisbigliando

– il 7° giorno: picco di miglioramento, la giornata trascorre rapida e con dei buoni risultati

– l’8° giorno: rido da sola, senza motivo. Rido sotto i baffi, rido prima di addormentarmi, rido spesso ma sempre di nascosto

– il 9° giorno: inizio ad avere davvero bisogno di muovermi. Ballo. Ballo sotto la doccia.

– il 10° giorno: vedo la fine, vedo la luce…

 

Ed è stato proprio così, il decimo giorno ho visto la luce. Tutti abbiamo visto la luce. Le facce di tutti sono cambiate. Quando, alle 11 a.m.  dell’ultimo giorno le regole sono venute meno, i visi di tutti sono cambiati. Hanno acquistato colore, lucentezza, vivacità. Prima di quel momento la serietà, la fatica e lo sforzo rendevano i volti di chiunque duri e impenetrabili. Che splendido shock è stato conoscere le persone con cui ho vissuto fianco a fianco per 10/11 giorni. Avevamo tutte mille domandi da porci, mille abbracci da darci e mille sorrisi da elargire. Eravamo fiere del nostro risultato e del nostro tenere duro tutte assieme. Ho condiviso momenti indimenticabili con persone indimenticabili. Tutti i buffi personaggi che mi ero creata nella mente (la danzatrice del ventre, la donna di cartapesta, la regina bianca, la polinesiana, la maestrina, il sergente) hanno finalmente avuto una vera identità, spesso più fantastica della mia fantasia.

 

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E non solo è stato formativo dal punto di vista personale, è stato formativo anche come coppia. Non desideravo parlare così tanto con Anto da quando eravamo presi dai primi baccagli, dalle prime insicurezze e paure. Anzi, pure di più, visto il feeling e la confidenza che ci legano adesso. E oltre a ciò anche durante il corso, nei momenti in cui ci incontravamo, cercavamo complicità: con uno sguardo, con un sorriso nascosto o con il nostro gesto segreto. I refettori erano divisi da una tenda, provavamo a sederci in modo che se la tenda si fosse spostata ci saremmo trovati uno nel campo visivo dell’altro. Ma poi Anto ha fatto il salto di qualità. Si è accorto di poter salire sul tetto della sua stanza, che fortunatamente si affacciava proprio sul giardino dove andavo a passeggiare, così per attirare la mia attenzione ha iniziato a tirarmi dei mango. Ci ho messo ben 2 giorni prima di capire che i mango mi cadevano vicini non per caso, ma dopo aver compreso è stato un tripudio di baci e affetto a distanza. Che sensazione bellissima. Mi faceva sentire come la protagonista di una fiaba: la principessa imprigionata e il lanciatore di mango. Davvero una situazione impagabile.

 

Credo che dopo questa descrizione possiate minimamente capire perchè è valsa la pena di fare questa pazzia e di rinunciare alle Andamane… ma siccome i racconti di altri non sono mai del tutto esaustivi e oggettivi… perchè non provare voi stessi… io questa esperienza ve la consiglio, ma ricordatevi bene che non sarà una passeggiata e non sarà per niente rilassante. Cercate di non tornate immediatamente alla routine quotidiana dopo il corso, prendetevi il vostro tempo per riflettere, per raccogliere le idee e per capire come i vostri compagni di corso hanno vissuto la vostra stessa esperienza… sono quasi certa che grazie alla MEDITAZIONE VIPASSANA chiunque possa crescere spiritualmente e non solo.

 

Ps: un altro punto a favore è il fatto che il corso non è a pagamento, ma vive e migliora le proprie sedi grazie alle donazioni spontanee degli allievi, cosicché qualsiasi persona di qualsiasi ceto sociale possa partecipare.

 

2 Comments

  1. E chi l’avrebbe detto!!!una prova così ardua da sembrare impossibile ….grandi !e che fatica deve essere stato saltare la cena!

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