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A Kathmandu non c’eri più…

E il nostro viaggio riprende….

……Ci sono 2 Italiani, 2 Svedesi, 2 Russi e 6 Nepalesi…. sembra l’inizio di un barzelletta invece…. è l’inizio della nostra nuova partenza…. finalmente riusciamo a viaggiare usando il “couchsurfing”….

Ed eccoci a Daphasi, un quartiere a nord di Kathmandu. Dharma è il nostro contatto, a casa con lui ci sono la moglie, 2 figlie, i suoi genitori, 2 giovanissime volontarie svedesi e una mamma russa con il suo bimbo di 7 anni… una donna una furia…

Ci mettono subito tutti a nostro agio, la proprietaria di casa ci prepara un tè, le svedesi ci offrono una pasta completamente scondita e per chiudere in bellezza la mamma russa ci prepara una sorta di vin brulè ma molto più alcolico…. ore 20 va’ via la luce e giù di candele, ore 24 ci si apparecchia sul divano e si dorme, ore 6 la casa comincia a svegliarsi…. AIUTO VORREI DORMIRE ALTRI TRE GIORNI…. ore 7 i bambini mi prendono per un cavallo e mi saltano in groppa, come non farsi contagiare, in un battibaleno mi trasformo in un abile destriero.

Purtroppo o per fortuna ci salutano la mamma russa con il bimbo, così noi da sta sera avremo una cameretta tutta nostra…

Beviamo un tè, ci prepariamo ed eccoci tra le vie di Kathmandu…

Quasi tutti i nostri sensi vengono subito stimolati:

– quello di grandissimo impatto per me è stato l’olfatto: nell’aria c’è tantissima polvere (l’asfalto è una rarità, solo sulle strade veramente principali): polvere che vuol dire vita, polvere che vuol dire gente ma anche grande disagio; trovi polvere nel cibo, polvere nell’acqua, polvere sulla pelle e sui vestiti, respiri polvere costantemente, polvere negli occhi e non riesco neanche ad immaginare le problematiche che ci possono essere durante la stagione delle piogge. Ma oltre a respirare la polvere si respirano profumi di ottime spezie, qui chiamate “Masala”, c’è una grossa influenza indiana (fin troppa) e di conseguenza un uso smodato di insaporitori speziati, che a volte sono gli unici ingredienti del piatto (ma del cibo vi parlerò in un articolo a parte). Passeggiando ti arrivano anche svampate di buon fumo, di ganja e anche di fumaccio. Soprattutto vicino ai fantastici spacciatori che si mascherano con una sciarpa arrotolata sulla bocca.

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– ma non da meno (nonostante la mia “sordità” dichiarata) è stato l’udito: perché ci si accorge subito che una parola riecheggia nell’aria ed è NAMASTE. Così ti/si salutano, ti danno il benvenuto, ti mettono a tuo agio, è come il nostro “piacere” ma più ricco di contenuti. Ci si saluta tutti, anche solo per uno sguardo incrociato, un NAMASTE non si nega a nessuno. E poi si sentono le urla dei ragazzi che lavorano sui mini bus, si sporgono fuori per metà e gridano in maniera incessante la destinazione del mezzo. Oltre a ciò il rumore dei clacson rimbomba nelle orecchie di tutti gli abitanti di Kathmandu, non più consapevoli perché ormai assuefatti.

– anche la vista subisce un bello shock: colori…. colori… colori impazzano per la città, tra bancarelle di spezie, di frutta e verdura, di ghirlande di fiori ( gialle, arancioni e fucsia) e donne bellissime, forse le più belle che abbia visto in tutti i miei viaggi: hanno una carnagione color caramello, occhi molto scuri, lineamenti fini e capelli spessi, folti e di color nero corvino, vestite di tinte accesissime che fanno risaltare tutta la loro femminilità.

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– e il tatto: è il mio senso preferito insieme all’olfatto e di conseguenza tocco troppo. Ma come in tutto il mondo, anche qui, la polvere stimola tutti i sensi quindi ti ritrovi tutti i granelli di sabbia attaccati alle mani sudaticce (perché di giorno ci sono più di 18 gradi), oltre a ciò appena sali su un mini-bus vieni toccato e tocchi di conseguenza perché ottimizzano gli spazi e dentro a quella scatoletta hai veramente la sensazione di essere una sardina.

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Naturalmente ci sono più modi di spostarsi per la città: taxi, risciò e mini-bus. Quest’ultimo è il più local e di conseguenza il più economico (dalle 10 alle 25 rupie): nati per portare 9 persone, attrezzati successivamente per 15, riescono a contenere dalle 24 alle 30 persone stipate con gran naturalezza.

Arriviamo a Thamel, la parte turistica della città, e riconglioniti dal jet leg ci preoccupiamo solo di comprare una tessera telefonica locale (scegliamo “Ncell” perché pare sia quella che prende meglio, costo 400 rupie + 800 per il traffico, tot 10 euro); portate con voi una fototessera perché sarà necessaria. Mangiamo qualcosa, ci beviamo un espresso degno di lode e rincasiamo a piedi districandoci tra strade sconnesse e polverose, moto da strada, matasse di fili elettrici penzolanti ad altezza uomo e cantieri a cielo aperto, il tutto rigorosamente illuminato dalle candele dei venditori, dalle luci dei mezzi e niente altro (tempo: 45 minuti).

E’ il nostro turno ai fornelli, per non far sfigurare le svedesi optiamo per la preparazione di una spettacolare frittata alle cipolle… da leccarsi i baffi…

Ore 20 si stacca la luce, nonostante sia solo il secondo giorno siamo già abituati, in più il proprietario ci rassicura, la corrente tornerà tra 4 ore…. veggenza….. magia…. stregoneria …. no, un’applicazione sul telefono che t’informa di ciò…. miracoli della tecnologia….

Ore 22 nanna, evvai. La casa scende sotto i 6 gradi di notte, ma noi, ben attrezzati, dormiamo 13 ore filate. Che pacchia.

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Di buon ora, alle 3 del pomeriggio, carichi d’entusiasmo e curiosità, partiamo per esplorare la città. Ed eccoci di nuovo a Thamel, direzione Durbar Square. Prima di arrivare si fa in tempo a perdersi per mille viuzze e mille piazzette trafficatissime, perché non esiste una zona pedonale, è un pot-pourri di vita: turisti che sembrano usciti da una sfilata hippie, local, spacciatori, venditori, animali e mezzi di locomozione di qualsiasi dimensione così che, nello stesso identico modo, anche la piazza principale è ricca di passione, niente viene lasciato fuori, notiamo persino un paio di bambini che fanno la cacca sui gradoni di uno dei monumenti principali… Sembra veramente sana follia (se passate dall’entrata principale per visitare la piazza sarete costretti a pare 700 rupie, circa 7 euro, se usate le entrate secondarie è gratis).

Ore 18 cala la sera e nonostante anche qui non ci sia illuminazione pubblica nulla cambia, le bancarelle accendono le loro candele, qualche gruppo si scalda intorno a falò improvvisati con ciò che che si trova e le luci delle auto aiutano a non inciamparsi ogni 10 mt.

Decidiamo di andare a trovare dei ragazzi conosciuti il giorno precedente, 2 lapponi, che ci avevano già informato che dalla mattina stavano bivaccando sul tetto del loro ostello con altri turisti (tutte le case e gli ostelli di Kathmandu hanno una parte esterna adibita a zona relax). Li troviamo completamente ubriachi. Ci beviamo una birra in loro compagnia, ci fumiamo un joint di pessima qualità e li salutiamo. Questa volta rincasiamo con il taxi (dopo un ardua contrattazione paghiamo 350 rupie).

Il mattino seguente Dharma e le 2 ragazze svedesi ci domandano se vogliamo andare con loro a Madanpur, il villaggio dove fanno volontariato…. come perderci l’occasione… attendiamo di poter usufruire della cucina (la famiglia è di religione Indù quindi quando preparano da mangiare per loro noi non possiamo assistere o avvicinarci), ci rifocilliamo e via verso la prossima destinazione…. Madanpur arriviamooooooo!

 

1 Comment

  1. il racconto e’ cosi’ eccitante , colorato e interessante che anche Polina e’ qui che mi ascolta !!! Offre spazio alla piu’ fervida fantasia e anche le foto ,se pur bellissime, potrebbero essere superflue!!!

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